5-3-2022: FINALMENTE SI RIPARTE – ESCURSIONE ALLA BESSA (di Amedeo Dagna)

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Finalmente si riparte!

 Sabato 5 marzo, malgrado previsioni meteo poco favorevoli, ma poi smentite nel corso della giornata, un numero considerevole di amici della Via Francigena ha voluto riprendere a camminare insieme alla scoperta della particolarità del nostro territorio con una visita alla Riserva Naturale della Bessa, sede in passato di una ampia zona di sfruttamento aurifero (in parole povere: un’antica miniera d’oro).

Attingendo alle informazioni disponibili sulla rete internet apprendiamo che la Riserva Naturale della Bessa è stata istituita nel 1985 ed è situata allo sbocco della Valle d’Aosta, sulle pendici meridionali delle Alpi Biellesi, con una estensione di 7,5 kmq. E’ delimitata a nord dai resti di  una morena del Pleistocene inf. E dalle alluvioni quaternarie del torrente Elvo mentre a sud è limitata da una seconda morena dello stesso periodo glaciale e dalla valle del torrente Orobbia-

La sede del Parco è situata nel comune di Cerrione che noi raggiungiamo comodamente con il bus di Efrem e troviamo ad attenderci alcuni amici che, per comodità, hanno preferito arrivare con mezzi propri: in totale siamo 52 con ben cinque membri del Direttivo: Riccarda, Claudia, Roberto, Giancarlo ed Amedeo.

Iniziamo a camminare nel Parco, con Amedeo che minaccia di “raccontarci” storia ed aneddoti relativi all’antica miniera.

Il giacimento aurifero della Bessa si formò per erosione e risedimentazione, da parte di alcuni corsi d’acqua, dei depositi morenici ricchi di oro che il ghiacciaio Balteo nel suo peregrinare durante le diverse fasi di glaciazioni e ritiri, depositava dopo averli “trafugati” nelle vallate valdostane, a partire da un  milione di anni fa. Nelle fasi di peregrinazione del ghiacciaio furono anche depositati sul terreno, e ripuliti dei detriti, i massi erratici che erano caduti da frane delle Alpi valdostane e che troviamo ancora oggi sul terreno.

Principale attore della formazione della miniera della Bessa fu il torrente Viona, che discende dalla Colma del Mombarone  e che modellando morene e vallette che ben si prestavano alla pratica di lavaggio delle sabbie aurifere ne determinò e permise la fortuna.

Non abbiamo notizie precise di sfruttamento in età precedente all’insediamento dei Salassi, anche se le incisioni rupestri che si trovano nella parte superiore del Parco, e che ci ripromettiamo di visitare dedicando ai nostri amici una giornata di ricognizione,  ci fanno credere che parziali sfruttamenti fossero stati fatti prima dell’arrivo dei Salassi.

Si suppone che la miniera fosse controllata e sfruttata dai Salassi, popolazione di etnia celtica o celto-ligure a partire V/IV secolo a.C. E che dopo sanguinose battaglie il loro sfruttamento cadde nelle mani delle legioni romane di Appio Claudio, tra il 143 e il 140 a.C., quando l’estrazione fu affidata ai “pubblicani”, imprenditori privati dell’epoca che arrivarono ad impiegare fino a cinquemila uomini contemporaneamente.

Ci racconta lo storico Strabone che le miniere vennero abbandonate tra la fine del I secolo a.C., in quanto era più remunerativo estrarre l’oro dalle miniere della Spagna, ormai conquistata.

Nel periodi di sfruttamento le acque dei torrenti venivano utilizzate convogliandole su percorsi appositi, diciamo grandi vasche naturali preparate colmandole di sabbie aurifere e dando al procedere delle acque la giusta pendenza che permetteva di separare le pagliuzze (o pepite) dalla sabbia senza disperderle a valle. Si procedeva quindi al setacciamento delle sabbie per separare il metallo e raccoglierlo.

Oggi il Parco della Bessa è visitabile su comodi sentieri, ben tracciati e manutenuti, che permettono di scoprirne le particolarità.

L’itinerario che abbiamo seguito noi praticamente ci ha portati a percorrere parte della zona centrale della vecchia miniera, il perimetro a ovest con rientro ad anello sul perimetro ad est, che segue la sponda del torrente Elvo, per un totale di quasi 9 chilometri, comprese alcune deviazioni esplorative.

Oggi la Bessa si presenta come una serie di collinette formate dai depositi dei “ciottoli” residui dei lavaggi, accatastati dai lavori  di sfruttamento. Sono i tipici ciottoli (anche ciottoloni) rotondi plasmati dal lavoro di rotolamento sotto il peso del manto del ghiacciaio. La vegetazione inizia a colonizzare queste colline di sassi rotondi, ma probabilmente non trovando un terreno molto fertile, poiché sono molte le pietre, poca la sabbia e quasi nullo il terreno fertile, procede con molta fatica: in duemila anni dall’abbandono dello sfruttamento della miniera sono relativamente pochi gli alberi: qualche betulla, querce e derivati, pochi pini.

Nella nostra camminata abbiamo ammirato qualche muretto a secco evidentemente costruito per proteggere le vie di comunicazione dove transitavano i carri con materiali e provviste ed abbiamo potuto constatare la difficoltà che avevano i costruttori di utilizzare i ciottoli rotondi, che mal si prestano ad essere inseriti in muretti o peggio per edificare edifici, anche modesti come potevano essere quelli di ricovero nella miniera.

Ma, come sappiamo dalle numerose  escursioni sull’Anfiteatro Morenico di Ivrea, i nostri antenati avevano a disposizione i “massi erratici” che opportunamente spaccati si prestavano a produrre belle pietre squadrate per la costruzione di muri e muretti. Infatti, malgrado il grande lavoro del Ghiacciaio Balteo, che si era occupato di trasportante importanti quantità dalle Valli d’Aosta, oggi non ne troviamo molti sul terreno (molto meno di quello che potremmo attenderci) ma, per esempio, se saliamo a Scalveis sulla Serra sopra Chiaverano, vederemo che tutti i muretti di sostegno, di confine e le stesse baite del villaggio sono edificate utilizzando il materiale ricavato dai massi erratici.

In allegria terminiamo la nostra escursione con la promessa di organizzare nuove uscite in cui cimentarci con le pedule e con la conoscenza del territorio.

Grazie a tutti

 Amedeo

 Cliccare per visualizzare la locandina:  2022 03 05 Escursione alla BESSA new

 

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