Passeggiata a Mazzè ed alle sue testimonianze storiche
18 giugno 2017
Appuntamento alla Stazione di Caluso, in questa calda mattina di domenica 18 giugno, per molti dei coraggiosi amici della Via Francigena di Sigerico che, sfidando afa e zanzare, hanno voluto scoprire questo angolo di Canavese ricco di preziose testimonianze storiche e di affascinanti leggende.
A lato della strada provinciale che collega Caluso a Mazzè e poi prosegue verso Villareggia, scorre una comoda pista pedonale e ciclabile che ci permette di raggiungere in breve tempo la Piazza del Municipio di Mazzè dove ci attendono gli altri partecipanti all’escursione arrivati con mezzi autonomi (compresa una nutrita rappresentanza di amici valdostani) e dove incontreremo le nostre guide che ci faranno scoprire i luoghi più importanti del territorio illustrandocene storia e leggende.
Il nostro gruppo compatto (28 escursionisti) viene ricevuto nel Salone del Municipio da alcuni membri delle associazioni storico culturali Mondino e Mattiaca di Mazzè, che ci illustrano il programma della visita che faremo in giornata sul territorio. In particolare Danilo, che ci accompagnerà durante la camminata coadiuvato da Giacomo e Luigi, ci introduce i vari argomenti che poi verranno ampliati sui luoghi che visiteremo legandoli all’ambiente geografico e all’epoca storica.
Prende poi la parola Livio, grande appassionato della storia locale (e non solo), ed anima dell’Associazione, che ci fa partecipi dell’atmosfera storica in cui ci caleremo durante la visita anticipandoci ghiotte e dotte notizie sull’estensione delle antiche miniere d’oro di epoca salasso – romanica e delle vestigia che ritroveremo sul terreno. Possiamo ammirare, in alcune vetrinette presenti in sala, preziosi reperti archeologici ritrovati sul territorio, comprese alcune interessanti monete.
La prima testimonianza storica che abbiamo modo di ammirare nell’antistante Piazza del Municipio è una stele funeraria risalente in un periodo tra l’VIII ed il VI secolo a,C. Si tratta di un grosso monolite che è stato ritrovato immerso nelle acque della Dora Balte al di sotto del nucleo storico del Borgo di Mazzè, probabilmente caduto o fatto cadere per contrastare l’erosione degli argini da parte delle acque del fiume e che ora si può ammirare in tutta la sua grandezza. Si pensa che originariamente fosse collocato sulle colline a nord est del villaggio in un ‘area funeraria, al centro di un’area sacra per la dispersione delle ceneri dei defunti, tipica di popolazioni di origine celtica che si erano insediate in quei luoghi.
Iniziamo la camminata verso la zona delle Aurifondine di Bose e del Sito archeologico della Ressia, dove troveremo ampie tracce delle operazioni di ricerca dell’oro e delle infrastrutture che a queste operazioni si accompagnavano, oltre ad interessanti testimonianze di insediamenti romanici.
Possiamo ammirare i resti dei canali in cui veniva convogliata l’acqua che serviva a “lavare” il terreno in modo da rimuovere terra e ciottoli, facendo confluire le particelle d’oro su appositi percorsi (ad esempio delle assi in legno su cui erano posti dei piccoli gradini che dovevano fermare il prezioso metallo). Ci viene spiegato che in questo tipo di miniera (che si estende anche sul versante opposto della Dora nel territorio di Villareggia, la tecnica di ricerca era diversa da altre parti, tipo la Bessa: in questo luogo l’oro veniva ricercato nel terreno alluvionale che il Ghiacciaio Balteo aveva alimentato e che il fiume trasporatva nei suoi periodi di piena. Si preparavano percorsi per far defluire acque e materiali con pendenze mai superiori ai 13° per ottimizzare la pulizia dal terreno e far depositare il minerale. Pendenze inferiori non avrebbero dato buon risultato e pendenze superiori avrebbero trascinato lontano anche l’oro insieme ai sassi.
Una curiosità: in tutta Italia, quindi Canavese incluso, lo sfruttamento delle miniere aurifere fu attivo fino al V secolo d.C, quando la scoperta dell’oro in Spagna (sempre nei territori dell’Impero Romano) rese meno economico il processo di estrazione ed inoltre si pensò anche di conservare il residuo materiale per futuri sfruttamenti.
Nella zona archeologica della Ressia, incontriamo tre siti particolarmente interessanti: un guado che permetteva di attraversare la Dora Baltea, sia a piedi che con i carriaggi; i resti riportati alla luce di una strada romana, probabilmente la strada che permetteva il collegamento con il Canavese occidentale (zone verso Rivarolo e Castellamonte) ed anche verso Eporegia.
Si ipotizza che in realtà il “guado” abbia svolto, o contemporaneamente od in periodi relativamente vicini, anche la funzione di attracco per le barche che dal Po risalivano la Dora Baltea, allora navigabile, fino ad Ivrea. Questo luogo, come testimoniano resti di magazzini protetti da fortificazioni, probabilmente era il punto di smistamento delle merci verso le zone occidentali del Canavese ed anche verso Eporegia, quando per ragioni stagionale le acque non erano ben navigabili: il primo esempio di “nodo intermodale”.
Rientriamo nel centro di Mazzè dopo una visita alla Cappella dei Santi Lorenzo e Giobbe, testimonianza cristiane del secolo X della religiosità delle popolazioni locali.
Consumato il pranzo autogestito nella gradevole ombra della piazza (e dopo aver assaggiato, grazie al simpatico Sergio, un gustoso aperitivo, dalla segreta ricetta, nel bar centrale) partiamo alla scoperta del centro storico di Mazzè che sorge sull’alto della collina attorno alla Chiesa Parrocchiale ed al famoso Castello.
La Chiesa, grande ed imponente, sorge sul luogo dove fu in origine edificata la piccola Cappella privata del castello ai tempi in cui i proprietari (e potenti feudatari del luogo) erano i Conti Valperga Caluso. Oggi è una imponente costruzione molto ben mantenuta.
Siamo stati accolti nel centro storico da alcuni amici della locale Pro Loco tra cui il Presidente, Aldo Valle, che con l’ausilio di qualificati collaboratori (un’archeologa, uno storico, una esperta di leggende e un grande esperto di botanica) ci ha deliziato raccontandoci la storia di questo affascinante borgo.
Il Castello, edificato in due grandi corpi, tra il XV e XVI secolo, fu come già detto importante feudo e sede della famiglia Valperga, nei momenti della sua massima potenza. In seguito fu ceduto a privati ed oggi è di proprietà di alcuni facoltosi uomini d’affari Russi, che non ne permettono la visita, come avveniva in un passato abbastanza recente. Si spera che in un futuro abbastanza prossimo venga riaperto al pubblico! Ricordo che nelle sue cantine vi è un importantissimo ed inquietante “Museo della tortura” che potrebbe essere oggetto di interessanti visite. Fino a pochi anni or sono il castello veniva affittato per diversi eventi come conferenze ed addirittura matrimoni. “Speruma”!
Noi ammiriamo l’esterno del Castello, godendoci panorami gradevolissimi dalle viuzze del centro ed arriviamo alla Cappella di Santa Maria dal curioso Campanile triangolare: mi domando: scelta di architetto “naif” o risparmio di mattoni da parte di oculato mastro muratore?
E tutto intorno ci parla di lei! Si della Regina Ypa, sacerdotessa dei Salassi che riuniva nelle sue mani il potere religioso e civile. Detta anche la Regina senza terre a causa della presenza di acque su gran parte del suo territorio, dovute alla difficoltà di deflusso del fiume Dora a causa delle morene di sbarramento lasciate dal ghiacciaio Balteo. Vi sono parecchie perplessità da parte dei geologi e degli storici sulla effettiva presenza di un Gran lago che coprisse tutto il terreno, è più probabile che si trattasse di acque paludose e poco profonde, ma in ogni caso ostacolo all’agricoltura.
Si narra che la Regina Ypa (molto birichina ed incline alle ripetute avventure galanti) incaricasse un suo amante, la cui bravura e capacità non si limitava al talamo, di aprire un varco verso sud, verso il Po, per far defluire le acque e far emergere terreno coltivabile da distribuire al popolo. Il bravo giovane riuscì nell’impresa ma purtroppo per lui perse la vita perché travolto dalle acque del deflusso. La Regina Ypa non pianse molto: lo aveva già sostituito (come sua abitudine si era portata avanti con il lavoro).
Le leggende sulla Regina Ypa sono molte e variano da località e località, come le ha definite la nostra guida sono “leggende da stalla” ossia trasformazioni legate alla trasmissione orale durante i racconti che avvenivano nelle veglie paesane nelle stalle.
Il ritorno a piedi fino a Caluso (di alcuni “puri e duri”) ha concluso questa giornata di interessante immersione nella storia, nelle leggende, nelle testimonianze di una parte del nostro territorio.
Ringraziamo le nostre guide e penso che vorremo ancora in un futuro abbastanza prossimo approfondire le nostre conoscenze di questo angolo di Canavese.
AMEDEO